Riporto qua di seguito un articolo scritto da Paolo Fadda e pubblicato sul Giornale di Sardegna, riguardo la festa del 25 Aprile.
Leggendo le sue parole, si è come risvegliato nella mia mente, il ricordo dei racconti delle mie nonne che sono state protagoniste di quei giorni.
Oggi 25 aprile si festeggia il giorno della Liberazione, ma non è il giorno della fine della seconda guerra mondiale,perché la resa delle truppe tedesche in Italia venne firmata sette giorni dopo, il 2 maggio 1945, e ci sarebbero voluti altri dodici giorni per la resa a Reims della Germania alle Potenze alleate. Ma in Sardegna,per chi c’era, ricorderà che era stata una giornata come tante altre, poiché già da 19 mesi si era in una sorta di limbo, lontani dai campi di battaglia ma ancora smarriti e confusi su cosa avrebbe riservato il futuro. Non era facile comprendere se fossimo vinti, per via della guerra perduta, o vincitori,per avere accolto i nemici di ieri come liberatori.
Nelle strade di Cagliari, ancora sconvolte dalle macerie e maleodoranti per l’acre fetore di morte, s’aggiravano soltanto le jeep della "military police” degli occupanti e pochi frettolosi passanti alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Incombeva su tutti un clima di perplessità e anche di smarrimento, quasi di attesa per una ancor più compiuta liberazione, che era poi quella, tanto auspicata, dalla fame e dalle difficoltà del presente.
In quei giorni faceva più notizia l’arrivo in porto di una nave "liberty” carica di farina che la marcia degli angloamericani verso il Norditalia.
Quel 25 aprile di tanti anni fa ritorna così alla memoria dello studente d’allora: un ricordo che fa parte della sua storia, ma che può aiutare a capire quanto l’isola fosse rimasta lontana e assente da quel pathos nazionale che è stata la Resistenza, che è poi il nome nobile d’una triste guerra civile. Perché nell’isola fame e stenti avevano colpito tutti, si fosse fascisti o antifascisti.
Non era giunto, da noi, il "vento rosso del nord”, quella sorta di ciclone che aveva ritenuto di dare vita ad una nuova Italia, acuendone peraltro le già storiche divisioni.
S’era tutti fratelli nelle sofferenze, senza odi e senza vendette, a conferma come l’intero Paese non avesse vissuto quel giorno con sentimenti comuni.
Per questo avvilisce e mortifica che questa data debba essere ricordata per contrastanti valori, senza riuscire a costruire attorno a essa, con una espressa volontà pacificatrice, una unitaria coscienza nazionale. Ed è per questo che ci si divide ancora se la si debba festeggiare cantando "bella ciao” o "fratelli d’Italia”.
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1 comment:
OT
Ciao, ho cambiato indirizzo del blog. Potresti aggiornare il link? Grazie. ;)
http://fabristol.wordpress.com/
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